L'Ossola "Raggiungere l' Ossola, splendida oasi naturale carica di storia e tradizione è facilissimo dall'autostrada "Genova-Sempione" e dalla bretella di collegamento con la "Laghi". In breve tempo si arriva in una delle zone più belle d'Italia, non "contaminate" dal turismo di massa. Il verde delle immense distese, l'azzurro delle acque incontaminate, il bianco delle vette innevate che si stagliano nel cielo pulito sono i colori dai quali verrete sommersi nell'Ossola." Macugnaga Valle Anzasca "La Valle Anzasca, l'antica valle degli Antuates, una tribù di Leponzi, è la valle che conduce alla parete est del Monte Rosa, la più vasta delle Alpi per sviluppo in larghezza ed altezza. E' un'immensa cattedrale di roccia e ghiaccio che spinge i suoi campanili fino a 4.638 metri d'altezza. Le "quattro sorelle" del Monte Rosa, Gniffetti, Zumstein, Dufour e Nordend, creano uno scenario mozzafiato che non ha uguali in tutte le Alpi. In questa valle, l'uomo ha saputo integrare le tradizioni etnico-culturali ed architettoniche dei Walser con un offerta turistica di assoluto valore. I Comuni della Valle sono: Calasca Castigione, Bannio Anzino, Vanzone con S. Carlo, Ceppo Morelli, Macugnaga." "Macugnaga è la stazione turistica più importante ed attrezzata dell'Ossola. L'incanto della montagna, quella vera, con le vette coperte di neve e le pareti impervie a sfidare l'uomo; il fascino della tradizione che si sposa alla cultura nei tetti antichi delle baite del 1200 e degli edifici che hanno saputo rispettare il difficile equilibrio tra natura ed architettura; la storia di un paese incantato che ha conservato intatti i colori e l'atmosfera di tempi lontani, quando i Walser (primi coloni di origine germanica ad abitare questi luoghi) erano gli unici depositari della segreta bellezza di questa conca naturale ai piedi del Monte Rosa." Gli edifici di Macugnaga " Macugnaga conserva ancora bene le caratteristiche del paese di montagna; i grandi blocchi edilizi sono praticamente inesistenti e gli edifici di dimensioni superiori alla media sono circoscritti in quella zona del paese che comprende la Chiesa e l'ex Albergo Monte Moro ed un paio di piccoli condomini vicini. Le nuove costruzioni hanno cercato di imitare l'architettura spontanea dei vecchi insediamenti e, pur se non hanno migliorato, non hanno almeno guastato l'aspetto estetico generale, il che non è poco!" Le case "A noi, che interessa conoscere un pò più da vicino l'architettura spontanea di questo ambiente, converrà rispondere, per prima cosa, all'antico quesito <cui prodest?> che può significare sia <a chi giova?> sia <a cosa giova?>. Dobbiamo cioè renderci conto degli scopi a cui era destinato l'edificio e, poi, comprenderemo il perché è stato così realizzato. La necessità di avere un solido tetto sopra la testa è esigenza primaria comune a tutti i popoli con economia legata a forme sedentarie. L' ambiente, inteso sia in termini di clima che in termini di disponibilità di materiale per edificare, impone l'adozione di certe tecniche edilizie, piuttosto che altre. Nel territorio di Macugnaga si poteva trovare pietre da costruzione, pietra da calce (alla Pedriola), pietra per coperture (in quantità limitata) e legname in abbondanza. Non si trovavano, invece, altri materiali, quali ferro per chiodi, cardini e serrature, vetro per finestre e piombo per legarlo (secondo la tecnica usata a quei tempi). Occorreva acquistare, dunque, questi ultimi materiali, ed a caro prezzo, per cui si è cercato, in passato, di ridurre al minimo la necessità, ad esempio sostituendo la chiodatura del legname con precisi giochi d'incastro ed utilizzando cavicchi in legno per l'unione di più pezzi. Anche le gronde erano ricavate da tronchetti scavati longitudinalmente." " Il 'montanaro' era contemporaneamente progettista, direttore dei lavori, impresario, falegname, muratore e manovale. La casa (die Hus) è normalmente separata dalla stalla-fienile (der Gade und die Griecho), almeno dal 1600, mentre in altre vallate alpine lo stesso tetto ha fornito protezione, fino a tempi recenti, ad uomini, animali e scorte. Forse proprio l'incendio del Dorf del 1639, insegnò a separare i rischi. In muratura venivano normalmente eseguite le fondazioni, la cantina e la cucina, mentre tutto il resto dell'edificio era in legname. Questa diversa scelta di materiali era dettata da precise necessità: la cantina costituiva intercapedine tra il suolo e la parte abitata e la muratura isolava le parti in legno dell'edificio dal contatto con l'acqua e la neve, evitandone il rapido decadimento, mentre il fuoco della cucina sarebbe stato un rischio troppo elevato in un ambiente di solo legno. Quest'ultimo, di facile e rapido assemblaggio, buon isolante dal freddo, sufficientemente duraturo, si prestava ottimamente per le stanze d'abitazione ed i ripostigli. Il tetto era, di norma, a due falde e discretamente sporgente. La pendenza delle falde è costante in tutti gli edifici ed è conseguenza dei limiti di equilibrio delle 'piode', le lastre di serizzo utilizzate per la copertura, che vengono solo appoggiate, senza chiodatura, sul telaio. Il peso della copertura a cui si aggiunge, per molti mesi, il peso della neve, impone travature di notevole robustezza, ma offre anche il vantaggio di ben assestare la giunzioni tra le travi di legno, aumentando la solidità del complesso. Tuttavia, anche in conseguenza della relativa scarsità di lastre per tegole, era assai diffuso l'uso delle <scandole>, assicelle di legno tagliato a <spacco> che, in assenza di chiodatura, dovevano essere assicurate al tetto con una serie di listoni tenuti in sito da un buon numero di grossi sassi. Le scale interne erano di legno, mentre quelle esterne erano normalmente in sasso. I balconi erano comuni a tutti gli edifici, solitamente in un solo ordine, più raramente su due o più ordini, ed erano esposti generalmente a mattino ed a mezzogiorno. Si possono ancora vedere alcune costruzioni che poggiano su lastre di pietra (Mausplatten) sorrette da trespoli di legno; sembrano costruite su enormi funghi. Non sono edifici destinati ad abitazione (salvo recenti trasformazioni), ma granai. La disposizione su pali di legno e le larghe lastre di pietra avevano lo scopo di impedire l'ingresso ai roditori; per lo stesso scopo le scale d'accesso erano staccate dal corpo dell'edificio. La cantina era destinata alla conservazione del vino, come in altre economie contadine; inoltre, essendo un locale relativamente caldo d'inverno e fresco d'estate, si conservavano anche i formaggi, le carni che non dovevano seccare eccessivamente (insaccati), il latte e tutti i recipienti in doghe di legno (gli <t'zeber>) necessari alla sua lavorazione. Sopra la cantina, come abbiamo già visto, si trovava la cucina in muratura, in aderenza alle strutture in legno. Quanto restava del piano era un solo grande locale, adibito a soggiorno, sala pranzo, locale per lavoro e camera da letto. Era riscaldato dal <fornetto>, una caratteristica stufa in sasso senza aperture in questo locale, che veniva caricata e ripulita dalla cucina; per questo motivo, il fornetto era sempre appoggiato ad una parete, quella divisoria tra cucina e <stubu>, così veniva chiamato questo grande locale comune. Il sottotetto era solitamente destinato alla conservazione delle provviste (le scorte dovevano durare tutto l'anno, fino al raccolto successivo), ma, talvolta era destinato a questo scopo, un locale laterale al piano terreno e nel sottotetto si ricavava così una stanza per abitazione, che veniva riscaldata dal fornetto attraverso un'apertura praticata nel soffitto della stubu, in corrispondenza del fornetto stesso. L'arredamento era essenziale; oltre al fornetto, circondato sui tre lati liberi da un giro di panche, un'altro particolare oggetto d'arredamento che può apparirci curioso, ma in realtà assai funzionale, caratterizzava la stabu: il <roll-bet>, il letto a rotelle. Questo grande letto in legno, disposto su un lato dello stanzone, nascondeva un letto più basso, collocato sotto e facilmente estraibile perché montato su rotelle. I costruttori di queste case hanno subito i vincoli imposti dal materiale da costruzione e dagli scopi funzionali. Esperienza di secoli ha standardizzato tecnica e misure, sicché il risultato estetico è pressoché identico in tutti gli edifici, i quali si differenziano poco nelle dimensioni, un pò di più nella distribuzione dei pieni e dei vuoti e nelle decorazioni. Questa uniformità ha indotto alcuni a riconoscere a questi una <architettura Walser>. " " Si è scritto e polemizzato molto in proposito: esiste o non esiste una <architettura Walser>? " Nel girovagare per le Alpi, si può " vedere edifici praticamente identici nelle forme, nelle dimensioni, nei materiali e nella destinazione d'uso dei locali." " L'unico elemento di diversità a caratterizzare questi edifici è il modo in cui sono stati raggruppati ed orientati per formare i diversi nuclei del villaggio. Probabilmente identiche necessità di vita in identico ambiente ed identica disponibilità di materiali hanno condotto a risultati assai simili, in un'epoca in cui si badava al sodo assai più che adesso". " In ogni frazione del paese è possibile vedere una piccola costruzione, quasi un oratorio, chiusa sul fondo da un muro annerito, con un pertugio al centro e con diverse mensole in sasso nei muri laterali. Si tratta del forno frazionale, ossia del forno comune a tutta la frazione. E' un piccolo edificio che veniva utilizzato una sola volta all'anno!.......... La legna era portata da tutte le famiglie; a rotazione tra le famiglie toccava la prima infornata, il che comportava l'obbligo di procurare più legna per scaldare il forno freddo. Ancora a turno, ogni famiglia doveva mettere a disposizione la stubu per impastare e far lievitare la pasta; in compenso riceveva un pane da ogni utilizzatore. Anche ai poveri spettava un pane da ogni famiglia, secondo antiche consuetudini assai più rispettate delle leggi scritte. Terminata la cottura il pane veniva conservato nella stanza adibita a dispensa (fleischpicher), riposto su di una speciale rastrelliera (brotletro) appesa al soffitto, ulteriore precauzione per difenderlo dal temutissimo assalto dei topi. Il pane così conservato non ammuffiva, ma diventava durissimo, al punto da doverlo spezzare con uno speciale coltello incernierato ad un tagliere di legno (brotlade). Un pane duro, ma gustoso, se ammorbidito nelle zuppe di latte o di verdure, condite con il buon formaggio dell'alpe." Qui di seguito alcune fotografie raffiguranti l' <architettura Walser> |
estratto parzialmente da:
- Macugnaga tra storia e leggenda a cura di S.A.C.A.T. di Torino -Renato Cresta-
- Fotografie di Giuseppe Alberio